La basilica di San Gavino è il monumento romanico più grande in Sardegna (m 58 x 19, altezza m 17 circa).

Ha pianta longitudinale a tre navate, divise da arcate su 22 colonne di spoglio e tre coppie di pilastri cruciformi.

Eretta in epoca medievale nell'area del monte Agellu, su un'area cimiteriale romana inserita in una necropoli più vasta, si sviluppa tra due cortili; uno, "l’atrio Comita", è circondato da case seicentesche un tempo appartenenti alle confraternite.

Descrizione

La basilica romanica di San Gavino di Porto Torres è uno dei monumenti più significativi dell'intero patrimonio artistico sardo. La grandiosità dell'esterno cede il passo al fascino discreto dell'interno, appena rischiarato dalla luce che proviene dalle monofore a feritoia e si riflette nelle colonne e nei capitelli marmorei prelevate da antichi edifici di età romana e bizantina. Il santuario è anche un'importante meta devozionale, per via del culto millenario tributato ai martiri locali Gavino, Proto e Gianuario. Agli inizi del XVII secolo vi furono ricercate e scoperte le reliquie dei tre santi, collocate poi nella cripta appositamente scavata per accoglierle.

Varie campagne di scavo archeologico hanno individuato i residui murari di due chiese più antiche, risalenti al V-VII secolo. Una, più piccola, sta sotto il fianco N della basilica romanica, l'altra si estende nel settore esterno N. Erano entrambe a tre navate ma la più piccola aveva l'abside a O, l'altra a E.

Porto Torres fu sede episcopale dal 484 fino al 1441, anno in cui il vescovo turritano si trasferì a Sassari. La prima attestazione della chiesa di San Gavino è nel "Condaghe di San Pietro di Silki" e risale al 1082 circa. Notizie sulla basilica romanica si ricavano dal "Condaghe di San Gavino", leggenda di fondazione redatta nel XIII secolo, nella quale si riferisce dell'impianto votivo a opera di Gonnario-Comita, sovrano di Torres, e dell'ultimazione a opera dal figlio, Torchitorio-Barisone I de Lacon-Gunale, giudice di Torres nel 1065.

Non è facile però determinare la cronologia esatta dell'edificio, così come desta numerosi interrogativi la principale particolarità della chiesa, terminante con due absidi contrapposte (a N/E e S/O), una per ogni lato breve, cosicché manca la facciata e gli ingressi si aprono lungo i lati lunghi.

L'edificio fu realizzato in calcare della Nurra, eccettuati i capitelli su cui impostano le arcate, tutti marmorei e di reimpiego, di epoca romana imperiale tranne tre bizantini e uno dell'VIII secolo. La navata centrale ha copertura lignea, mentre le navate laterali sono voltate a crociera. Lungo tutto l'edificio si aprono monofore che permettono alla luce di entrare nella basilica: alcune sono più antiche, con strombo gradonato, sostituite poi da luci con strombo liscio.

All'esterno la basilica si presenta scandita in specchi da una serie di lesene su cui poggiano archetti. A nord si colloca l'unico portale romanico superstite, decorato da due figure umane raffiguranti Adamo ed Eva. A sud si apre un portale del XV secolo, in stile gotico-catalano.


L’interno

Il nobile e maestoso interno, restaurato una prima volta nel 1948 per asportarne le sovrapposizioni gotiche e posteriori, poi nel 1976-78 per riportare alla luce il paramento in conci, è a pianta basilicale a tre navate, divise da colonne monolitiche e da pilastri; qualche colonna e gran parte dei capitelli sono materiale di spoglio di età imperiale; i capitelli decorati con coppie di colombi provengono probabilmente dal sacello del V sec.; gli altri sono romanici. La copertura è a capriate nella navata centrale, a volte a crociera in quelle laterali. Nello spazio che si apre in corrispondenza dell’abside orientale è posto un catafalco ligneo con le statue dei Ss. Gavino, Proto e Gianuario (XVII sec.), che viene portato in processione il 3 maggio alla chiesetta di S. Gavino a Mare, considerato il primo luogo di sepoltura dei tre martiri turritani, da dove rientra il giorno della Pentecoste. Alcuni oggetti conservati nella basilica fanno parte della storia della città: sopra il primo pilastro d. un’urna in pietra conterrebbe, secondo la tradizione, i resti del giudice di Torres Comita; a metà della navata d., appoggiata su basi di colonne, è una grande iscrizione bizantina (VII-VIII sec.) che celebra la vittoria del console e duce Costantino sui Longobardi, documento epigrafico importantissimo dell’alto Medioevo sardo. In sagrestia di qualche interesse sono i rilievi lignei con figure di Santi, da uno smembrato retablo del ’600.

Dalle navate minori due scalette scendono alla cosiddetta anticripta; vi si conservano diversi sarcofagi. Da qui si accede a un piccolo vano, posto sotto la navata settentrionale, in cui si possono visitare i resti di una necropoli paleocristiana e di una chiesa absidata del VI sec., scoperti durante una campagna di scavo nel 1962. Scendendo nella vera e propria cripta, sono interessanti i tre sarcofagi romani (III-IV sec.) che conserverebbero i resti dei SS. Gavino, Proto e Gianuario, martirizzati secondo la tradizione, sotto l’imperatore Diocleziano.

Monumento visitato il 6/12/2007 - Monumenti ed area archeologica Porto Torres






navigazione verso